
della sensazione di debolezza. Non esiste un metro di valutazione di un problema così intimo, ogni persona attribuisce un livello di gravità diversa a quello che può accadere in camera da letto».
Prima dei
cinquant’anni, le cause della disfunzione erettile sono soprattutto di natura
psicogena.
«La cosiddetta ansia da prestazione influisce sul corpo dal
punto di vista circolatorio: è il nostro meccanismo di difesa dalle emozioni
che non vogliamo riconoscere, ma che sono innate e salva-vita. Rabbia e paura
ci impediscono di vivere appieno e con serenità d’animo la sessualità, intesa
come la ricerca di un piacere condiviso. Spesso l’orgoglio maschile cerca di
ignorare queste avvisaglie del corpo e l’uomo cerca, nonostante tutto, di
portare avanti l’atto erotico. Fino a quando non intervengono a interromperlo
brutalmente l’agitazione e la perdita di controllo delle proprie emozioni. In
condizione di normalità, se escludiamo quindi persone affette da problematiche
psichiatriche o altre patologie che possono aggravare lo stato fisico, le cause
che possono portare a questa situazione possono essere le più diverse. Nella
mia carriera ne ho però individuate due in particolare, le difficoltà
relazionali e il disagio occupazionale, che unite magari alla paura del
giudizio e a un rancore represso, mandano in tilt la mente e, di conseguenza,
il corpo».
Come affronta l’uomo
questo dramma emotivo?
«Se per alcuni la vergogna impedisce di parlarne apertamente,
sono molti di più coloro che, invece, fanno richiesta di un aiuto medico nel
momento in cui l’organo maschile non funziona come dovrebbe. All’interno di un
percorso di psicoterapia, si va a individuare il motivo alla base della
temporanea impotenza, perché l’organismo continua a ribellarsi nonostante
l’alto costo pagato per quella sintomatologia. Si scava, quindi, nella memoria
alla ricerca di traumi o violenze di qualsiasi tipo – da quelle sessuali al
bullismo, dalla paura del giudizio o del confronto all’ansia da prestazione a
un certo tipo di educazione – che possono essere stati determinanti sul vissuto
al punto da bloccare la sessualità. Di norma, lavorando con un esperto su
quell’aspetto, con tanto impegno e un po’ di pazienza il sintomo tende a
scomparire progressivamente nel tempo».
E se non basta?
«Altre volte ci si indirizza verso una terapia marcatamente
mansionale. Si tratta di un lavoro educazionale, che prevede l’assegnazione di compiti
specifici relativi alla sfera della sessualità, come - ad esempio - masturbarsi
da soli o in coppia, “maneggiare” il proprio organo di riproduzione o agevolare
la penetrazione durante l’atto sessuale. Si chiede ai pazienti di raccontare
tutto ciò che avviene durante il rapporto, per analizzare in dettaglio e
individuare eventuali barriere, mentali o fisiche, da superare. A seconda che
abbiano un partner o meno, cambia ovviamente l’approccio. La ricerca del
piacere condiviso deve essere un’esperienza positiva e ludica, ma bisogna
essere capaci di giocare e giocare insieme».
Se, invece, la
problematica è di natura organica, viene prescritto l’utilizzo di alcuni
farmaci. A livello psicologico può creare una dipendenza?
«Assolutamente sì e nel caso di abuso – non per curare davvero
l’impotenza ma per incrementare la potenza sessuale – possono creare una
disfunzione erettile. Nella maggior parte dei casi che incontro in ospedale, si
tratta di giovani sotto i 25 anni, in crisi a causa della “rottura” della
sessualità con cui comunicano con il resto del mondo, ai quali viene consigliata
una terapia farmacologica. Per qualsiasi trattamento, però, è necessario che ci
sia una compliance, un’adesione
volontaria, senza di cui la cura non ha efficacia, ma in certe situazione può
anche aggravare gli effetti collaterali. Prima di somministrare i vari Viagra o
Cialis è necessaria un’attenta valutazione a livello psicogeno e organico da
parte di un andrologo. Solo dopo – e con l’approvazione del paziente – si potrà
decidere come proseguire».
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