sabato 5 aprile 2014

Disfunzione erettile, parla lei. Antonella, così io e Andrea abbiamo risolto il problema

Quando ci è successo, tre anni fa, avevo conosciuto Andrea da poco, ad una festa, tramite amici comuni. Avevamo trent'anni e ci frequentavamo più o meno da un mesetto: il nostro rapporto era ancora nella fase delle farfalle, della scoperta reciproca, delle risate. Quella, insomma, in cui non ti aspetti che un macigno ti cada dritto in testa.

Una sera, complici una cenetta romantica e qualche bicchiere di vino, decisi di lasciarmi andare, proposi ad Andrea di salire a casa mia e finimmo a letto. Lui era teso, ma non diedi troppo peso alla cosa, pensando fosse solo l'emozione della "prima impressione". Ma l'epilogo della serata non fu proprio quello che mi aspettavo.

Andrea era stato un gentleman, soddisfacendo prima tutti i miei desideri, ma quando è arrivato il momento di avere un rapporto completo mi sono accorta che nel suo corpo qualcosa non stava funzionando. Cercando di metterlo a suo agio ho sfoderato tutte le mie doti più sexy, ma il mio comportamento, disinibito e aggressivo, invece di complicare le cose sembrava peggiorarle.

Finalmente, in preda all'imbarazzo più totale, Andrea mi ha chiesto di fermarci, iniziando a snocciolare tutte le frasi di rito: non mi capita mai, sono stressato, a lavoro è un periodaccio. Io, nel mio intimo, mi stavo già crocifiggendo, per il mio seno troppo piccolo, le mie cosce troppo grosse, il mio, insomma, non piacergli abbastanza. Naturalmente lui era impegnato a sperticarsi in complimenti per me, il che rendeva alle mie orecchie ancora più credibili le mie elucubrazioni, la mia convinzione di non essere abbastanza.

Nel periodo che seguì Andrea evitò l'argomento sesso come fosse un tabù. Continuavamo a vederci e lui diceva di essere preso e di star bene con me, ma poi, a conti fatti, quando non accampava scuse sotto il portone, saliva a casa mia, si dedicava a me e poi fuggiva con le scuse più assurde.

Dopo un mese di tutto questo sono sbottata. Mi pareva di avere a che fare con Dottor Jekyll e Mr. Hyde. L'uomo perfetto fuori casa, un'altra persona in camera da letto. Gli ho detto che non potevamo iniziare il nostro rapporto su un castello di bugie, che avrei fatto di tutto per aiutarlo ma che avremmo dovuto parlare del suo problema. Per tutta risposta mi scaricò sotto casa nel più completo silenzio e sparì per una settimana.

Poi mi ritelefonò e mi chiese di vederci. Mi disse che in quel momento non era in grado di affrontare anche quel problema, che stava uscendo con fatica da una brutta depressione e che ancora era alle prese con terapia e psicofarmaci. Rimasi spiazzata. Gli dissi che avevo bisogno di tempo per pensare.

Su consiglio di un'amica mi rivolsi a un sessuologo. Andrea mi piaceva, tanto, ed ero restia a lasciarlo andare. Il medico mi spiegò che l'impotenza è spesso un effetto collaterale degli psicofarmaci e che, se avessi voluto, lui ci avrebbe ricevuto assieme, per spiegarci come il sesso non si riduca solo al rapporto propriamente detto e per offrirci il suo sostegno in attesa che Andrea terminasse la sua cura.

Ho chiamato Andrea e tra le lacrime l'ho scongiurato di provarci. Abbiamo vissuto un anno e mezzo dapprima duro, poi sempre più semplice, perché avevamo imparato a coccolarci come due ragazzini, raggiungendo una confidenza e una consapevolezza che poche coppie hanno e sentendoci perfettamente realizzati, anche sul piano fisico. Andrea migliorava di mese in mese e alla fine il suo terapeuta decise di sospendere gli psicofarmaci. Pian piano tornarono anche le sue erezioni, e finalmente riuscimmo ad avere anche rapporti completi. Non che ne sentissimo più la schiavizzante necessità per sentirci una coppia, ma ci hanno aiutato ad avere Marta, la nostra splendida bambina di sette mesi.


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