mercoledì 2 aprile 2014

Disfunzione erettile, terapie e prevenzione: parla l'andrologo

Ansia, stress e problemi vascolari non sono però gli unici nemici per chi è affetto da disfunzione erettile. «Sono diversi i fattori di rischio che nuocciono al sesso – spiega il dott. Giovanni Beretta, andrologo e urologo –, a cominciare dal fumo: chi fuma minimo un pacchetto da dieci sigarette al giorno, è bene che smetta o almeno riduca drasticamente il consumo. L’alcol, poi, per quanto aiuti come vasodilatatore se assunto a dosi modeste, diventa invece un pericolo notevole in quantità esagerate. Quando c’è un impegno epatico, infatti, diminuisce il livello di testosterone e, andando oltre, ci si espone con più facilità a danni vascolari che incidono sulla dinamica della risposta sessuale. Attenzione anche ad assumere droghe (in particolare cocaina, che è un potente vaso costrittore) e a tenere sotto controllo l’alimentazione: una dieta equilibrata prevede di limitare le carni rosse, che possono causare un aumento dei trigliceridi e quindi della vischiosità del sangue che fatica a fluire».

Una volta individuato il problema di tipo fisiologico, quali sono le possibili terapie?
 «Quando il disturbo dell’erezione non ha una storia complessa, la via più facile è innanzitutto riequilibrare il sistema con farmaci che compensino la carenza di testosterone. Se emerge uno squilibrio durante la diagnosi, si procede con la somministrazione di quest’ormone attraverso pastiglie o gel. Quando, invece, il problema è a livello di ipotalamo e ipofisi, può essere richiesto un trattamento con gonadotropine, sostanze che stimolano la produzione di testosterone nei testicoli. Si tratta però di situazioni cliniche poco frequenti, così come l’aumento ingiustificato di proattina, che richiede l’assunzione di farmaci particolari o di tenere sotto controllo il fattore scatenante (ad esempio, un tumore). Anche eventuali problemi alla tiroide possono essere risolti con terapie mirate. Nei diabetici, poi, la riduzione degli zuccheri nel sangue molte volte basta a ripristinare la normale risposta sessuale, se la malattia è ancora allo stadio iniziale. Se si considerano, invece, le più frequenti problematiche vascolari, l’evoluzione dei trattamenti è stata davvero notevole nell’arco degli ultimi vent’anni. Si è passato dall’utilizzo di creme e farmaci di tipo vegetale con un modesto effetto dilatatore fino a manovre invasive – oggi altamente sconsigliate – come l’iniezione di prostaglandina E1 direttamente nei corpi cavernosi del pene, tutte procedure successivamente superate dalla messa in commercio negli Anni Novanta del Viagra. È un inibitore della fosfodiesterasi di tipo 5, capace di determinare una vasodilatazione delle cavità e favorire l’afflusso di sangue nell’organo di riproduzione maschile. Una maggior concentrazione del cGMP (guanosin monofosfato ciclico) si traduce in una più intensa vasodilatazione, quindi in un'erezione più vigorosa».

Quanto, invece, è ancora diffuso l’approccio chirurgico? 
«È un argomento piuttosto controverso e discusso, soprattutto per i risultati molto modesti degli interventi di ricostruzione vascolare. Talvolta si ricorre ancora a protesi peniene, ma in generale le terapie orali hanno molto limitato le vecchie strategie chirurgiche, utilizzate solo più quando tutte le altre strade non sono più praticabili, ad esempio nel caso in cui il pene sia ritorto o storto o di gravi cicatrici. Esistono protesi semirigide, formate da due strutture malleabili con un’anima metallica, e gonfiabili, costituite da tubicini, un piccolo serbatoio posizionato un tempo vicino alla vescica e oggi solitamente nei testicoli insieme a una pompetta. Rispetto alla prima soluzione, la seconda ha il vantaggio di un’erezione più fisiologica e naturale». 

Molti uomini, anche senza il consulto medico, cercano di auto-medicarsi con Viagra e medicinali simili. Cosa si rischia ad assumere questi farmaci senza averne davvero bisogno?
«La loro relativa maneggevolezza facilita l’uso anche nei giovani, per migliorare le prestazioni sessuali. Si tratta però di un atteggiamento falsamente ludico. Un farmaco utilizzato in modo inappropriato può portare nuove problematiche vascolari e, specie in chi soffre di problemi cardiaci, potrebbe acuire alcune patologie. La terapia orale rimane comunque quella più praticata rispetto all’impiego di dispositivi esterni».

Nonostante quello della disfunzione erettile sia un problema piuttosto diffuso, in Italia meno del 5 per cento dei giovani sotto i 20 anni ha fatto una visita preventiva dall’andrologo. Quanto è importante la cultura dei controlli regolari?
 «Per anni abbiamo cercato di sensibilizzare la popolazione maschile attraverso l’aiuto dei medici militari, dal momento che la visita di leva era il primo momento in cui i ragazzi si sottoponevano a un check-up. Oggi, non essendo più obbligatorio il servizio militare, i maschi sono più restii a farsi esaminare in condizioni di normalità. Oggi si cerca di prevenire eventuali patologie fin dall’infanzia ed è il pediatra a occuparsi della prima valutazione genitali, in particolare nel caso di ritenzione testicolare, che generalmente si corregge nel corso del secondo anno di vita. Se i testicoli rimangono all’interno dell’addome, si rischiano problemi di fertilità: quattro bambini su 100 soffrono di questa patologia, che si risolve entro un anno in tre casi su 4, grazie a terapie farmacologiche o un piccolo intervento chirurgico. In età adulta possono esserci diversi campanelli d’allarme, ma bisogna anche ricordare che nell’80 per cento dei casi il varicocele è asintomatico».

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